Disturbi del comportamento alimentare, seconda causa di morte
I disturbi alimentari (DCA) sono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali, con circa 4000 decessi all’anno. Il 5% della popolazione ha sofferto almeno una volta nella vita di anoressia, bulimia, binge eating e altre manifestazioni di malessere psicologico e fisico legati a rappresentazioni del cibo. Il 70% sono adolescenti, a maggioranza femminile, ma ormai sempre più maschi sono interessati dal fenomeno. Stando ai dati della prima indagine epidemiologica nazionale sul tema avviata dalla Ministero della Salute, durante la pandemia i disturbi hanno avuto un incremento del 30%, con un picco tra i giovanissimi (12-17 anni di età di entrambi i sessi), che hanno risentito di un isolamento forzato, lontani da scuola, stimoli sociali e da qualunque manifestazione che implicasse un coinvolgimento interpersonale.
Questi numeri sono preoccupanti, ma lo è ancor di più la convinzione che i suddetti disturbi compaiano come manifestazioni organiche a se stanti, senza alcun legame con la psiche, sia intesa questa come causa o come attrice coinvolta nel processo di somatizzazione originario nel corpo. I DCA sono massicciamente documentati in tre secoli di storia, e come descrive Riccardo Marco Scognamiglio nell’opera Il male in corpo, solo a partire dagli anni ’90 si è cominciato a parlarne, “come se si fosse d’improvviso slatentizzato un fenomeno clinico”. Eppure (paradossalmente), ancora oggi molti approcci stentano a riconoscere il soma quale attore principale e dunque non lo prendono neanche in considerazione nei processi di diagnosi e cura, nonostante sia il contenitore primario ma anche la concausa ed entità co-generatrice di specifiche ferite somatopsichiche, derivanti da logiche interiorizzate di rigetto e tramutazione simbolica nel cibo quale oggetto di traslazione di vuoti inespressi, affetti mai ricevuti compulsivamente ricercati in segreto.

Attacchi di panico, il corpo in prima linea
Non sono “solo” i 3,5 milioni di italiani che soffrono di DCA che dovrebbero far riflettere e aprire gli occhi. Un altro esempio di quanto il corpo sia protagonista e non si riduca al ruolo di mero spettatore è rappresentato, tra gli altri, dagli attacchi di panico: stando al sondaggio svolto dall’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap) il 79% dei partecipanti (età compresa tra i 19 e i 60 anni) ha avuto, durante l’ultimo mese, manifestazioni fisiche frequenti e intense di ansia; il 73% si è percepito come una persona molto apprensiva, il 68% ha dichiarato di avere non poco disagio a stare lontano da casa o da luoghi familiari, mentre il 91% trova difficile staccare tutto e riuscire a rilassarsi. Il disturbo di attacco di panico si manifesta con picchi tra i 15 ed i 35 anni, con una seconda punta d’insorgenza tra i 44 ed i 55 anni, ed è diffuso in misura maggiore nella popolazione femminile, ma risulta, come i DCA, in aumento anche tra gli uomini, soprattutto professionisti e manager. Ma di nuovo, questi numeri dove conducono realmente, oltre a palesare una drammaticità conclamata? Alla base secondo molti modelli c’è sempre l’inconscio, ma che voce in capitolo ha il corpo, che per primo sperimenta uno stato di confusione, mancanza di controllo, terrore primordiale e incapacità di reazione? Si può davvero pensare di escluderlo, quando è il primo attore a comparire sulla scena, il protagonista della pièce e della tragedia in corso?
Stando a quanto emerso in una ricerca empirica svolta nel 2005 dall’Istituto di Psicosomatica Integrata insieme con l’Università degli Studi di Milano Bicocca focalizzata sulla consapevolezza di più di 1000 soggetti del proprio “essere nel mondo”, pare che la maggioranza delle persone non possieda una coscienza somatica. Non abbia cioè la cognizione che “il corpo stesso sia parte della coscienza”, con la conseguenza di non sapere che ansia e panico hanno sempre a che fare con il corpo (per approfondimenti: Scognamiglio, Psicologia psicosomatica. L’atto psicologico tra codici del corpo e codici della parola). Ma il corpo, prima dell’esasperante comparsa di una reazione estrema, dov’era? Che linguaggi utilizzava, e con quale simbologia si muoveva nel mondo, occupando gli spazi o adagiandosi nelle zone d’ombra?

Corpo e mente in un contesto-simbolo, che ascolta e riflette
Proviamo ad osservare l’evidenza di far vivere i corpi effettuando una traslazione immaginativa, e scrutiamo ad esempio le linearità convulse dei tratti bruschi pennellati da Egon Schiele: spontaneamente l’artista austriaco restituisce le vibrazioni nervose in un autoritratto magro che gioca la sua personalità su una tela senza sfondo, migrando tra le righe di una camicia non ben definita e le spigolosità di un albero di montagna intrappolato nel gelo degli sbuffi di neve; le case attorno sono talmente vicine ed evanescenti da evocare Thanatos, un tempio materno intrappolato tra i grigi incatramati ben distanti dall’Eros caldo, adulatore visivo di sensi, presente ad esempio nelle opere del maestro Gustav Klimt.
I contesti di Schiele riflettono il freddo dei corpi ingarbugliati, ricchi di espressioni interne malcelate, ma un altro esempio per parlare delle dinamiche relazionali somatiche in movimento è fornito dalle sagome d’uomini pennellate dall’artista italiano Giorgio de Chirico: spesso sono senza volto e calate in stanze pastellate e luminose, evocazioni di fantasia e misteri, premonizioni e lucide chiarezze su quel che avverrà. Nella “fase metafisica”, l’ambiente non costituisce una comparsa bensì è una controfigura del Sé, del suo corpo e delle sue emozioni. Le piazze adombrate, la proiezione di manichini e gli oggetti (guanti, sfere, libri) dentro lo stomaco degli Archeologi e al contempo nei centri viscerali delle piazze sottendono guardinghi l’evocazione di echi classici e libertini, lontani da futurismi rapidi o concettualizzazioni surrealiste astratte. Qui il corpo si muove in silenzio, sempre cercando la sua epifania.

L’evento: “Master Corpo e Emozioni” 8ª Edizione
Mente, corpi e contesto saranno i protagonisti del master “Corpo e Emozioni”, un master da 50 ECM della durata di 44 ore, organizzato su 4 weekend tra febbraio e maggio, aperto a psicologi e psicoterapeuti.
Verrà descritto l’approccio Psicosomatico, chiarendo come sia possibile instaurare un “dialogo con il corpo”, per conoscere e regolare sensazioni ed emozioni che sfuggono ad un’elaborazione puramente psicologica, andando al di là del sintomo. Si parlerà inoltre della diagnosi e del trattamento delle forme di disagio che coinvolgono corpo e mente, ad esempio dipendenze, sindromi post-traumatiche, agiti e quadri degenerativi, forme di sofferenza sempre più comuni e che nella loro complessità richiedono modalità di intervento peculiari, organizzate su tutti i fronti, senza la scotomizzazione della componente corporea.
I docenti Riccardo Marco Scognamiglio, psicoanalista, psicoterapeuta e psicosomatologo, e Matteo Fumagalli, psicologo e psicosomatologo, garantiscono un approccio sia teorico sia laboratoriale, integrando lezioni frontali, esercizi pratici ed esempi clinici.
Maggiori informazioni: https://www.somatologia.it/master-corpo-e-emozioni-8a-edizione-formazione-online-febbraio-2023
