Conoscere il pittore Roberto Plevano

Per parlare di Roberto Plevano non è necessario allontanarsi molto, non serve nemmeno uscire da questa pagina web. Lo sfondo di questo articolo, difatti, è una delle sue opere più conosciute: Costa paradiso o della fluida metamorfosi. Plevano nasce a Chiavenna nel 1948 e proprio la sua casa, la sua città, le sue montagne, diventano i primi soggetti che egli rappresenta sulla tela.

Se in un primo momento la ricerca della realtà è fondamentale nella sua opera, con il passare del tempo e il trasferimento a Milano il pittore si sposta gradualmente verso l’astrattismo, per plasmare la realtà utilizzando una grammatica propria, personale, geometrica. Sono infatti le forme geometriche come cerchio, quadrato e triangolo che negli anni assumono una dimensione predominante, necessaria per rappresentare sia la realtà, sia l’incessante conflitto tra istinto e ragione che sin dagli albori abita l’artista e i suoi dipinti.

Emerge da molte sue opere una sorta di poetica che attinge ampiamente sia dal contesto, sia dall’interesse psicologico dell’autore: “l’arte ristruttura la realtà, diventa immagine del proprio inconscio, verso un mondo di grande libertà espressiva“. Plevano ha maturato una sinergia con Riccardo Marco Scognamiglio, psicologo psicoanalista nonché decennale amico, dal cui incontro è nato un sodalizio artistico e intellettuale che dura da quarant’anni.

È stato proprio il dottor Scognamiglio a suggerire diverse interpretazioni alle opere di Plevano, tante da alludere alla possibilità che diverse persone, in diversi momenti, possono fornire interessanti quanto differenti visioni degli stessi dipinti. L’arte, in questo caso l’astrattismo di Plevano, smuove qualcosa, porta l’osservatore ad adottare un’ottica personale, a includere la propria soggettività, ad ampliare il proprio sguardo.

Così scrive Scognamiglio, parlando dell’arte di Plevano: “era l’opera a muovere lo spettatore, a dirgli qualcosa, obbligarlo a elaborare, spingendolo a quella che Freud chiama Dürcharbeitung, ossia un lavoro assiduo, intenso e profondo dell’inconscio. Insomma, è l’arte a metterci al lavoro, a dirci qualcosa. Questo ribalta le prospettive: è l’arte che ci guarda!“.

Non c’è da stupirsi, dunque, se in ogni sala d’aspetto e in molti studi delle sedi dell’Istituto di Psicosomatica Integrata si possono trovare opere di Plevano. Quale luogo migliore per ospitarle, se non un centro clinico, dove non esiste una visione unica e vincolante della persona, ma ciascuno può trovare la propria dimensione, porre le proprie domande, portare la propria arte esistenziale?

Scopri di più


Rispondi