La digitalizzazione ha molte virtù, ma nel suo eccesso può promuovere una reattività somatica poco dialettizzabile. Il corpo delle persone, quando viene soverchiato da molteplici input digitali costanti, può ospitare sensazioni disregolate che, nel loro prendere il sopravvento, non favoriscono l’accesso alla parola. Il web e i suoi dispositivi infatti allenano costantemente a dinamiche di “azione-reazione” non mediate o modulate dai centri superiori e dai relativi processi top-down. Questo riduce l’integrazione fra funzioni cerebrali, cosa che avviene in modalità differente anche in caso di trauma, in quanto gli episodi traumatici impattano sul cervello aumentando l’attivazione delle aree sottocorticali, mentre al contempo abbassano l’attività in varie aree del lobo frontale (Van der Kolk, 2014), ossia i centri potenzialmente utili a rielaborare e dare un senso all’esperienza.

Nella realtà “massicciamente digitalizzata” i device si pongono quindi come agente attivante, ma anche come unica “isola felice” in cui tamponare la criticità a tratti traumatica del periodo. Come interrompere questo circolo reattivo e restituire alle persone uno spazio in cui ascoltarsi più a fondo e cogliere il proprio stato interiore? Lo yoga è un’occasione importante perché per sua natura coinvolge corpo e mente nell’ascolto di sé. Il corso “Yoga e trauma” permette di ampliare questa premessa, trasferendo agli insegnanti strumenti e conoscenze per accogliere a 360 grandi gli allievi calati in questo contesto, spesso traumatizzante e iper – digitale. L’incontro, articolato su 12 ore, permette di acquisire molteplici informazioni sulle più recenti concettualizzazioni relative al trauma e all’impatto del digitale su corpo e mente, mutuate dalle neuroscienze e dalla clinica. Il fine è aiutare le persone a metabolizzare la complessità della propria storia e di questo mom partendo dalle sensazioni somatiche. Tali conoscenze verranno declinate all’interno dell’innovativa pratica Somatic Competence Yoga, teorizzata da Alessia Baretta e Mark Morbe all’interno dell’Istituto di Psicosomatica Integrata, un contesto clinico che studia da 25 anni le relazioni corpo.