QUANDO LA FELICITÀ È UN SINTOMO | Storie Psicosomatiche*

Eva arriva da me con un bel sorriso e una vita, a suo dire, perfetta. Trent’anni, un marito presente, un bel bambino di 4 anni e un lavoro part-time in un negozio di fiori, a suo dire poco remunerativo, ma anche poco stressante. Cosa perturba questo quadro da favola? Potenti attacchi ipocondriaci “inspiegabili”. Un piccolo mal di testa diventa un cancro, un leggero mal di pancia si trasforma in una peritonite, un neo presente da sempre diviene ora il segno di un potenziale melanoma. Eva ha una focalizzazione somatica significativa, nel senso che è attenta ad ogni segnale del proprio corpo, ma non sa dare ad esso il significato corretto, né sa capire “cosa c’è sotto”.

Quando gli attacchi arrivano, ripete il proprio terrore come un mantra, senza dire nulla. Quando invece l’ipocondria si placa, racconta una quotidianità rosea e ripetitiva, sempre senza dire nulla. 

Dopo qualche seduta in cui questo pattern si ripete, dove l’angoscia si tampona con l’ilarità di un quotidiano “regolare” o si incanala in un potenziale infarto, emerge che gli attacchi sono iniziati con il matrimonio. Evento che ha sancito l’incanalarsi della sua vita nella routine che adesso persegue da anni. 

Per Eva, però, è troppo complesso aprire il vaso di Pandora che contiene il terrore del non star più vivendo davvero, perché ogni giorno è uguale all’altro nella sua routine in un copione già scritto. Ha riconosciuto che guardare quel punto che richiama una mancata esistenza più audace e autentica, composta da possibili svolte e nuove scelte, fa più male del sintomo che guarda caso richiama la morte. Nella sua ultima seduta, è stata la prima cosa in assoluto che è riuscita a dire.


  • Utilizzando trame di fantasia, ispirate dall’esperienza sul campo, abbiamo ricostruito alcuni passaggi clinici ipotetici per illustrare cosa può accadere durante un percorso psicologico, che spesso dedica un’attenzione specifica al corpo.

Rispondi