Tratta dal romanzo omonimo di Romain Gary, oggetto di un recente adattamento cinematografico con protagonista Sophia Loren, “La vita davanti a sé” è un’opera ambientata nel quartiere multiculturale di Belleville, nella Parigi negli anni ’70. Il protagonista Momò è un adolescente musulmano, figlio di una prostituta che lo ha affidato da piccolo alle cure di Madame Rosa, una ex prostituta ebrea, reduce dai campi di concentramento. Momò vive al sesto piano di un edificio senza ascensore assieme ai figli “accidentali” di altre prostitute. Madame Rosa ha fatto molto per donare affetto a questi ragazzi, in particolare a Momò, ma ormai gli acciacchi fisici (e mentali) dovuti all’età le impediscono di assolvere a questo suo mandato “morale” con l’efficacia di un tempo. Infatti, sebbene la sua attività venisse inizialmente sovvenzionata dalle madri, Madame Rosa ha continuato a svolgere il suo compito di caregiver sostitutivo anche in assenza di una ricompensa economica, spinta dall’urgenza di evitare che i bambini finissero al brefotrofio.
Tra i temi dell’opera, la multietnicità dei personaggi che animano il condominio, che si accompagna a un potente senso di solidarietà reciproca, e la relazione tra Momò e Madame Rosa. Di fronte all’angoscia legata alle sue precarie condizioni di salute, Momò continua a mendicare amore altrove, a qualunque costo. Per esempio, quando viene fermato da una donna che si complimenta per la sua bellezza, Momò ha bisogno di prolungare tale sensazione di accoglienza e di speranza al punto da seguirla lungo le strade. Oppure, quando sottrae un uovo in un negozio e lo infila in tasca attendendosi di essere sgridato dalla titolare. Quando questa gli si avvicina, lo caccia reattivamente in fondo alle tasche e serra le mascelle, mentre monta in lui una aggressività rabbiosa che lo prepara all’inevitabile scontro. Inaspettatamente, però, ecco che la donna gliene porge un altro. Anziché rallegrarsene, Momò si rammarica del suo comportamento e proietta su di lei la rabbia che sente per la sua solitudine, dicendosi convintamente – nel suo dialogo interiore – che una brava madre dovrebbe punire il proprio figlio che si comporta male.
Questo scambio sottolinea il valore relazionale che Momò attribuisce alla punizione: una relazione disfunzionale, per quanto foriera di conseguenze negative, è sempre preferibile al nulla. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Madame Rosa, Momò non ha avuto una madre – né tantomeno un padre – che gli hanno dato un amore esclusivo, ed è cresciuto nella trascuratezza, invisibile agli occhi del mondo. Sente così che il dolore di uno schiaffo si affievolisce e pare quasi una carezza se pone le basi per una agognata continuità relazionale, cosa che il piacere effimero di uno sorriso e di un dono non è in grado di fare. Tale bisogno inappagato lo porterà ad una escalation drammatica e straziante.
Accanto al quartetto di musicisti che intervalla le diverse sequenze narrative, l’opera ha come assoluto protagonista Silvio Orlando, qui anche in veste di regista, la cui capacità attoriale esalta l’ingenuità e l’umanità di Momò e commuovono il pubblico, coinvolgendolo in un emozionante inno alla gratitudine.
L’opera è in scena al Teatro Franco Parenti dal 10 ottobre fino al 4 novembre 2023. HAVE A LOOK!
Le immagini sono gentilmente concesse dal portale Pixabay.