Martedì 26 Maggio, in occasione della conferenza “Non è solo un videogame! A cosa giocano i nostri figli?” i relatori esperti Simone Matteo Russo, Responsabile dell’Area adolescenti dell’Istituto di Psicosomatica Integrata e della sede lombarda dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, e Giulio Prolo, dottore in psicologia clinica, hanno esplorato la complessità del mondo dei videogames, approfondendo il rapporto interattivo che si instaura tra giocatore e videogame. Nella società ipermoderna in cui viviamo, il videogame si offre come oggetto disponibile anche a costo zero, in grado di assicurare un piacere immediato, in quanto recluta il circuito della dopamina, notoriamente identificato come il circuito cerebrale del piacere. Ne consegue che stati emotivi negativi (tristezza, noia, vuoto) possano essere facilmente regolati digitalmente attraverso il gioco, bypassando la relazione con l’altro. Si può così creare in alcune strutture fragili un’abitudine a resettare il disagio emotivo, con difficoltà sempre maggiori a far sì che tale malessere possa essere affrontato e modulato attraverso la relazione con l’altro.

“La regolazione del disagio è sempre meno relazionale e sempre più digitale. I bambini si consolano con gli smartphone e non con le persone.”
I clinici hanno inoltre indagato le funzioni sottostanti al gioco online: esso ad esempio si configura spesso come un’occasione di sperimentazione di nuovi sé attraverso la definizione dell’avatar, coerentemente con quanto emerso in alcuni ricerche sui social in cui appare che il 68% delle persone su Facebook, Instagram etc si rappresenta in modo diverso da ciò che è nella vita reale. In secondo luogo il gaming risponde spesso alla ricerca di coesione sociale, ossia si presta per intercettare e soddisfare un bisogno essenziale dell’essere umano. In passato c’era l’idea condivisa di una comunità di adulti solida, in grado di proteggere, che si articolava tra la famiglia e contenitori come l’oratorio, il vicinato, che garantivano una presenza tangibile, a tratti rigida, con relativi pro e contro. Oggi invece assistiamo ad una situazione opposta: con il crollo delle grandi istituzioni sociali vi è una crescente perdita della percezione di alleanza tra individui, al netto del fatto che il mondo, secondo le statistiche, non è realmente più pericoloso adesso di allora. Di conseguenza prevale tra giovani e meno giovani un senso di sfiducia verso l’altro.
Le comunità hanno perso una quota importante del loro collante sociale e i ragazzi a volte lo recuperano in giochi come Fortnite, che implicano interazione, gruppo, cooperazione. Il genitore può quindi interrogarsi su cosa spinga il proprio figlio a immergersi nel gaming.

Questo porsi domande supera la logica del “giusto e sbagliato” e considera il rapporto tra ragazzo e attività online come un fenomeno da conoscere e osservare. L’intercettare il bisogno del ragazzo permette di entrare nel suo mondo, caratterizzato da aspetti molto diversi dalla vita degli adulti, per creare un ponte verso l’alterità. Il primo passo in questa direzione è, paradossalmente, smettere con la retorica del dialogo che presuppone acriticamente l’esistenza di condizioni propedeutiche ad un confronto, e favorire l’ascolto.
Ascoltare e basta, senza parlare, permette di cogliere cosa provano i nostri figli evitando al contempo di apparire prevedibili con parole ormai dette molte volte e probabilmente percepite come giudicanti.
“Il videogioco in alcuni casi può essere la punta dell’iceberg di un malessere più profondo. Nell’uso eccessivo è una cura di un bisogno interiore, più che un sintomo; i ragazzi si fissano lì per cercare qualcosa, un adattamento di cui hanno bisogno e che non riescono a trasportare nella vita offline”.

L’incontro è uno dei quattro presenti all’interno del ciclo di conferenze patrocinate dall’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e organizzate dall’Associazione Italiana di Psicologia Psicosomatica “DIPENDENZE TECNOLOGICHE E NUOVE NORMALITÀ. Istruzioni per l’uso del mondo 2.0”, che il 23 giugno offrirà ai propri soci un nuovo appuntamento gratuito dedicato alle criticità dell’amore nell’epoca della digitalizzazione.
Scopri l’evento:
“Appuntamento al buio, tra bisogno di contatto e mancanza di intimità“
