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I DISTURBI PSICOSOMATICI DELL’INTESTINO

Primo e secondo cervello: quali possibili rapporti tra testa e pancia?

di Aurora Costadoni

Psicologia Psicosomatica – 30 – Pubblicato il 1 Febbraio 2016 

L’intestino viene spesso chiamato anche “secondo cervello”. Quali sono le motivazioni di questo appellativo? Ma è veramente “secondo” rispetto al cervello situato nella scatola cranica? In questo articolo verranno illustrati i motivi di questo appellativo e quali sono i rapporti tra i due cervelli secondo le scoperte e le teorie più recenti.


Intestino e cervello hanno embriologicamente la stessa origine nella medesima massa di tessuti: una parte diventa il sistema nervoso centrale, mentre l’altra diventa sistema nervoso enterico (deputato a governare le funzioni fondamentali dell’apparato digerente), collegate tra loro dal nervo vago (I).

L’embrione è solo un disco piatto costituito da tre strati: l’ectoderma, nella parte superiore, il mesoderma al centro e l’endoderma sul fondo. Durante lo sviluppo dell’embrione questi tre foglietti, attraverso una complessa serie di passaggi e processi di differenziazione, danno origine, rispettivamente, alla pelle, ai tessuti nervosi, alle strutture connettive, vascolari, muscolari e all’apparato intestinale.

Le cellule dell’ectoderma, unendosi a formare il tubo neurale (II), danno origine al cervello, al midollo spinale e al sistema nervoso periferico. Prima che si formi il tubo neurale, alcune cellule si staccano per produrre alette cellulari che rappresentano la cresta neurale: il sistema nervoso enterico deriva da questa cresta neurale.

Il sistema gastrointestinale di una persona appena nata non è ancora completamente maturo; nuove cellule nervose enteriche continuano a generarsi fino almeno al terzo anno di vita, per cui il sistema nervoso (centrale e periferico) di un neonato è plastico e in sviluppo. I percorsi delle cellule dalla cresta neurale all’intestino sono stabiliti (sono i percorsi seguiti successivamente dal nervo vago), ma sono lunghi e tortuosi e durante questo viaggio nuove cellule nascono e vecchie cellule muoiono. La colonizzazione dell’intestino è, quindi, piena di difficoltà. Quando le cellule dalla cresta neurale maturano, interagiscono con l’ambiente che trovano nel tratto digerente e le cellule che si sviluppano sono irrevocabilmente modificate da questa interazione. Pertanto le prime esperienze vissute da un intestino giovane possono influire sul suo comportamento futuro: ad esempio, sembra che bambini che soffrono molto frequentemente di coliche intestinali potranno più facilmente sviluppare da adulti la sindrome del colon irritabile. Vi è, inoltre, l’ulteriore ipotesi che malattie infiammatorie intestinali, quali la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, possano avere la loro base durante lo sviluppo dell’organismo (Gershon, M.D., 1998).

Per quanto riguarda i collegamenti tra intestino e cervello c’è un’enorme disparità tra il numero di neuroni presenti nell’intestino e quello delle fibre nervose disponibili a fornire loro innervazione pregangliare; per cui la maggioranza dei neuroni presenti nell’apparato gastrointestinale non riceve input dal sistema nervoso centrale. Il sistema nervoso enterico, quindi, differisce dal sistema simpatico e parasimpatico per la sua indipendenza anatomica e funzionale dal cervello e dal midollo spinale.  A differenza del resto del sistema nervoso periferico, quello enterico non esegue necessariamente i comandi che riceve dal cervello né rimanda sempre indietro le informazioni che riceve, ma può elaborare i dati ricevuti dai propri recettori sensitivi e agire, conseguentemente, in modo indipendente nell’organizzazione nervosa del corpo. Per ciò l’intestino contiene neuroni in grado di essere autonomi, ossia che possono far funzionare l’organo senza ricevere istruzioni dal cervello o dal midollo spinale.

Sembra infatti che il nervo vago, collegamento tra i due sistemi nervosi, costituisca solo una minima parte della comunicazione che avviene in entrambe le direzioni (Lanza, 2009).

Affinchè la digestione e l’assimilazione gastrointestinale funzionino correttamente è necessario disporre di sensori in grado di rilevare il progredire dei processi digestivi e valutare le condizioni presenti nell’intestino momento per momento per garantire che l’ambiente interno favorisca questi processi e si difenda dall’invasione di germi. Per fare questo occorre una potenza nervosa così elevata che l’evoluzione ha ritenuto estremamente funzionale situare un cervello nell’organo stesso: se tutti i neuroni necessari a svolgere questo compito dovessero essere controllati centralmente dalla testa lo spessore delle vie nervose di collegamento sarebbe intollerabile. Inoltre recidere completamente queste vie comporterebbe l’interruzione di una funzione fondamentale come quella digestiva. Questo permette di comprendere perché il sistema nervoso enterico sia effettivamente un “secondo” cervello.

Il sistema nervoso centrale è assolutamente necessario per la deglutizione e l’atto della defecazione, ma dal momento in cui il cibo viene deglutito a quello in cui viene espulso l’intestino può regolare da solo tutte le fasi.

La presenza del cibo nell’apparato gastrointestinale è rilevato dal sistema nervoso enterico che avvia la secrezione di materiali digestivi e stimola l’intestino a mettere in atto le azioni appropriate per la digestione in quel determinato momento. Se deglutiamo qualcosa senza pensarci o non sappiamo cosa stiamo ingerendo, lo stomaco rileverà la presenza di cibo e le cellule parietali produrranno acido indipendentemente dalla conoscenza attiva di ciò che sta avvenendo: la presenza di cibo nello stomaco, quindi, scatena una risposta anche quando i nervi provenienti dal cervello sono stati recisi (Gershon, M.D., 1998).

Le ricerche più recenti hanno inoltre scoperto che il cervello enterico produce il 95% della serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso (Lanza, 2009).

Questa sostanza è responsabile, a livello locale, del riflesso peristaltico che consente il passaggio del cibo attraverso il tubo digerente ed è un fattore di crescita che influisce sullo sviluppo del sistema nervoso enterico. L’intestino sarebbe addirittura in grado di memorizzare stress e ansie utilizzando le stesse sostanze chimiche (serotonina, dopamina, sostanze oppiacee e antidolorifiche) impiegate nel cervello cranico per fissare i ricordi (Lanza, 2009). Regolando l’attività delle cellule nervose enteriche e il rilascio di neurotrasmettitori attivi nello sviluppo, come la serotonina, sembra si possa modificare l’andamento del sistema nervoso enterico. Per questo motivo è molto importante trattare, con rimedi riequilibranti la flora batterica intestinale e con una corretta alimentazione l’intestino immaturo. Che i due cervelli parlino il medesimo linguaggio chimico si può osservare nel fatto che gli psicofarmaci possono avere effetti intestinali, quali vomito e diarrea, e farmaci che agiscono sull’apparato intestinale possono avere effetti sul cervello (ad esempio vi sono dei farmaci utilizzati per trattare la sindrome del colon irritabile che contengono serotonina, il principale neurotrasmettitore del sistema nervoso, per cui producono degli effetti anche a livello cerebrale, migliorando, ad esempio, il tono dell’umore.

Inoltre solo il sistema nervoso centrale e quello enterico possiedono interneuroni (III) che non passano semplicemente i segnali dai recettori sensoriali a muscoli, ghiandole e vasi sanguigni, ma consentono di modulare ed elaborare la informazioni ricevute.

I due cervelli funzionano, quindi, in modo autonomo e integrato influenzandosi a vicenda.

Si può sperimentare questo rapporto quando si ha, ad esempio, mal di testa o insonnia da cattiva digestione o una stretta allo stomaco in situazioni di stress mentale (Lanza, 2009).


ASPETTI SOMATICI E PSICOLOGICI DEL SISTEMA ENTERICO

Nel modello di pensiero della medicina tradizionale il sintomo viene considerato “psicosomatico” quando non sono evidenti lesioni oggettive di tipo organico (Scognamiglio, R.M., 2008).

In realtà, negli anni Trenta, Alexander mise in discussione che il principale fattore eziologico dei sintomi somatici sia di natura esclusivamente psicologica. Secondo l’autore, infatti, il Sistema Neuro-Vegetativo, all’interno del quale si integrano soma e aspetti affettivo-relazionali, influenza sia il comportamento individuale sia l’attività dei sistemi enzimatici attraverso reti neuronali periferiche. La sua capacità, quindi, di regolare contemporaneamente la vita istintivo-affettiva e il metabolismo cellulare dimostra come esso rappresenti il legame tra sfera psichica e somatica così da permettere all’organismo di reagire in maniera unitaria agli stimoli interni ed esterni.

La presenza ubiquitaria dell’innervazione neurovegetativa fa sì che quasi tutti gli organi e tessuti dell’organismo rispondano all’attivazione del Sistema Nervoso Centrale e che queste risposte interagiscono tra loro creando schemi molto complessi. A questo si aggiunge inoltre una variabilità somatopsichica individuale. La risposta vegetativa è dipendente, infatti, oltre che dal tipo, dalla natura e dalla intensità dello stimolo, anche dalla struttura genetica individuale e dalle precedenti esperienze che, attraverso meccanismi di apprendimento e memoria condizionano il tipo e l’entità della risposta emozionale somatica del soggetto (Lanza, 2009).

La Scala di resistenza allo stress di Hanson (1985), ad esempio, tiene conto non solo dei vari tipi di stressor ma anche delle potenzialità di fronteggiamento cognitivo che un soggetto ha a disposizione per reagire a questi eventi stressanti. Questo porta a considerare che il problema non è lo stressor in sé, ma la risposta che si è in grado di dare ad esso, che lo distingue in eu-stress o dis-stress, ossia positivo o negativo per l’individuo (Scognamiglio, 2008).

Gli schemi di risposta dei sistemi interessati alla reazione emozionale e cognitiva (SNC, SNV, SE) sono, quindi, profondamente diversi a seconda della fase di sviluppo in cui si verifica la reazione emozionale, per cui a parità di stimolazione emozionale e cognitiva il tipo di risposta fisiologica è diversa in base all’età.

Se in una determinata fase dello sviluppo si sperimenta un’emozione intensa e prolungata nel tempo collegata ad uno stimolo preciso, la reazione fisiologica può venire fissata sotto forma di memoria emozionale o imprinting psicobiologico: le reazioni emozionali possono essere condizionate da processi di apprendimento risalenti addirittura alla vita intrauterina. Il bambino reagirà agli stimoli ambientali con le caratteristiche del suo stadio di sviluppo, mantenendo però in memoria la traccia degli schemi stimolo-reazione precedenti; questo fa sì che modelli fissati in un momento dello sviluppo possano riattivarsi nel caso si riproducano le condizioni di eccitamento emozionale che ne hanno condizionato la fissazione (Lanza, 2009).

Secondo la neurogastroenterologia (IV) odierna il cervello responsabile della componente psico-emotiva è addirittura quello enterico, per cui non esisterebbe più un solo percorso eziologico a senso unico, ossia conflitto emotivo → cervello → organo, ma un’ambivalenza di ruoli (Lanza, 2009).

La possibilità che un’anomalia del sistema nervoso dell’intestino in sé possa essere la causa di disturbi intestinali è stata presa in considerazione solo recentemente. Anche perché un sistema nervoso enterico che funziona correttamente non raggiunge mai la soglia della percezione. Se non viene rilevata nessuna lesione conclamata, il dolore enterico solitamente viene sminuito dal mondo medico e viene data la colpa a processi mentali neurotici (V); il dolore e/o fastidio che una persona avverte nell’addome può corrispondere, invece, a un dolore o fastidio reale provocato da anomalie fisiche o chimiche presenti nell’intestino di quella persona.

I pensieri possono quindi alterare ciò che succede nell’intestino, ma nulla impedisce al sistema nervoso enterico in sé di dare origine a disturbi intestinali indipendentemente da ordini ricevuti dal cervello della testa (Gershon, 1998).

La considerazione degli aspetti neurofisiologici implicati in un costrutto psicologico apre alla prospettiva che esista un corpo governato da logiche proprie che interfaccia con i processi psichici e che questo corpo s’inscriva, viceversa, nella storia dell’individuo con un senso specifico (Scognamiglio, 2008).

In ambito applicativo clinico, conoscere il rapporto tra intestino e gli altri sistemi vitali può essere utile, per lo Psicosomatologo, nella scelta della metodologia di intervento terapeutico. È possibile, quindi, intervenire su una problematica intestinale con tecniche interpretative ed elaborative di parola oppure con tecniche emozionali sul corpo; così come si possono invece somministrare rimedi naturali riequilibranti la flora batterica intestinale e ottenere miglioramenti anche in altri apparati del corpo. Ad esempio, lavorando sul sistema intestinale, si può ottenere un rafforzamento del sistema immunitario, un innalzamento del quadro energetico in quanto viene aiutato il metabolismo dei cibi, ma anche un beneficio a livello umorale; questo perchè il corretto smaltimento dei rifiuti del nostro organismo garantisce un importante ricambio tossinico che altrimenti ristagnerebbe nel nostro corpo producendo sintomi quali stanchezza, nervosismo e irritabilità.


NOTE

(I) Il nervo vago è il decimo delle dodici paia di nervi cranici che partono dal tronco encefalico ed è tra i più importanti e i più lunghi tra i nervi cranici. Fornisce fibre parasimpatiche agli organi, controlla la muscolatura liscia e innerva soprattutto stomaco e intestino. Funge quindi da relais tra la parte encefalica e la parte viscerale digestiva del corpo.

(II) Il tubo neurale è una struttura presente negli embrioni, da cui si origina il sistema nervoso centrale. Di forma cilindrica e munita di cavità centrale, il tubo neurale deriva da una regione ispessita dell’ectoderma, (la piastra neurale) attraverso un processo detto neurulazione. Durante il corso dello sviluppo, l’estremità cefalica del tubo neurale perde la forma cilindrica e si allarga abbozzando le diverse parti dell’encefalo,; la restante parte del tubo neurale dà origine al midollo spinale.

(III) Gli interneuroni (detti anche neuroni di relè o associativi) sono una particolare specie di neuroni che si trovano nel sistema nervoso enterico e costituiscono la quasi totalità del sistema nervoso centrale. Essi sono posti tra un neurone motorio e uno sensitivo con la funzione di modulare la trasmissione sinaptica (in senso inibitorio o eccitatorio) di un neurone rispetto ad un altro. Diventano quindi responsabili della complessità delle risposte del sistema nervoso.

(IV) La neuro gastroenterologia è la scienza che studia il rapporto tra le funzioni dello stomaco e dell’intestino in relazione al cervello.

(V)  In assenza di lesioni o di danni fisici conclamati da esami medici, la Medicina tende ad attribuire al dolore corporeo della persona cause unicamente emozionali e psicologiche. La mente del soggetto sarebbe cioè in grado di determinare, influenzare o “inventare” l’insorgenza del dolore nel corpo, non spiegabile altrimenti.Nota 1 Il termine Soggetto è qui utilizzato secondo l’accezione lacaniana, in cui il Soggetto è il prodotto dell’incontro con l’Altro. L’ulteriore elaborazione di Riccardo Marco Scognamiglio nel Modello di Psicosomatica Integrata è quella di concepire un sistema multifattoriale, da egli definito “sistema-Soggetto”, in grado di assorbire “le “eccedenze” fenomeniche, non considerate “significanti”, dei Modelli epistemologici medico (sΣ) e psicologico (sΨ)”. Come dire che ciò che del Soggetto è frutto dell’incontro con l’Altro non è soltanto la psychè: l’impatto si colloca anche nel corpo, senza che il Soggetto sia necessariamente in grado di dirne qualcosa. (Scognamiglio R.M., 2008, pag. 33)

BIBLIOGRAFIA

* Scognamiglio R.M. (2008) Il male in corpo. La prospettiva somatologica nella psicoterapia della sofferenza del corpo. Franco Angeli, Milano

* Gershon, M.D., (1998) Il secondo cervello. UTET

* Lanza, R., Rostagno, E. (2009). Il benessere dell’intestino. Edizioni L’Età dell’Acquario

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